Inno al Nilo
 
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.

Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.

 

La vita dopo la morte

Gli egizi vedevano la morte non come la fine di tutto ma, bensì, come l'inizio di una nuova esistenza, ed è appunto per questo che, per il viaggio nell'aldilà, si procuravano tutti gli oggetti che avevano utilizzato nella vita terrena e nella tomba ponevano mobili, alimenti e gioielli.


Gli egizi credevano che il corpo era costituito da diverse parti: il bai o anima, il ka o forza vitale, l'aj o forza divina ispiratrice della vita. Affinchè fosse possibile ottenere la vita dopo la morte, il ka aveva  bisogno di un supporto materiale che era il corpo del defunto. Questo corpo però  doveva mantenersi intatto ed è qui che entra in scena il processo della mummificazione. 

I sacerdoti funerari si incaricavano di estrarre le viscere dal corpo e procedevano ad imbalsamarlo. La tecnica dell'imbalsamazione era però, molto complessa, e i sacerdoti dovevano stare attenti a non danneggiare gli organi durante questo passaggio. Inoltre, essi, collocavano una serie di amuleti in mezzo alle bende, sulle quali erano scritte delle formule destinate ad assicurare la sopravvivenza del defunto nell'aldilà.

Il defunto, nell'aldilà, doveva essere riconosciuto, per questo motivo sopra le bende che avvolgevano il corpo mummificato, veniva posta una maschera con un ritratto idealizzato. I faraoni erano rappresentati con l'aspetto del dio Osiride, sovrano del regno dei morti e portavano sulla testa un'acconciatura a raggi con il cobra, il serpente loro protettore, nella parte frontale. Le braccia erano ripiegate sul petto e una mano stringeva lo scettro reale, mentre l'altra impugnava una frusta. 

A presiedere il pocesso di mummificazione c'era il dio Anubi, guardiano della necropoli, la sua testa era a forma di sciacallo, che rappresentava il suo animale favorito, e faceva riferimento agli animali che girovagavano tra le tombe. Per questo motivo i sacerdoti imbalsamatori lo consideravano un protettore e, quando compivano il rito indossavano una maschera di sciacallo, svolgendo il ruolo di Anubi. 

Nella foto inserita sopra, si può vedere come il dio Anubi, con il corpo di uomo e la testa di sciacallo, si trovi accanto al defunto già mummificato. Egli impone le mani  per toglierli il cuore e portarlo al giudizio, dove sarà pesato. Al suo posto mette un amuleto a forma di scarabeo. 

Gli amuleti, alcuni a forma di scarabeo, di occhi o di colonne, erano veri e propri gioielli, destinati a proteggere il defunto dai pericoli che lo avrebbero potuto insidiare nell'altro mondo. Lo scarabeo si poneva al posto del cuore e posteriormente recava inciso un capitolo del libro dei Morti, che faceva riferimento al giudizio dell'anima. 

La mummia veniva posta in un sarcofago, che poteva essere di pietra, di legno semplice oppure ricoperto di materiali preziosi. Inizialmente i sarcofagi erano rettangolari, però più tardi furono costruiti con forma umana. Anche gli organi venivano riposti nelle piramidi assieme al corpo, infatti le viscere, una volte estratte dal corpo del defunto, venivano lavate e imbalsamate; dopo erano deposte in quattro vasi raffiguranti altrettante divinità chiamate Figlie di Horo, le quali avevano il compito di proteggere gli organi dalla decomposizione.

Questi contenitori, con il coperchio a forma di uomo, di sciacallo, di babbuino e di falco, erano costituiti come vasi canopi. Probabilmente il loro nome derivava dalla città di Canopus, vicina ad Alessandria, dove esisteva il culto di Osiride, adorato e rappresentato tramite un vaso con il coperchio a forma di testa umana; secondo un'altra versione, Canopo era un personaggio mitologico che fu seppellito in Egitto. I vasi canopi venivano introdotti in una cassa che, durante il corteo funebre, era trainata da una slitta.


Duamtef ( 1 )


a testa di sciacallo; proteggeva lo stomaco ed era connesso alla dea Neit e all'est.


Hapy ( 2 )


a testa di babbuino; proteggeva i polmoni ed era connesso con la dea Neftis e con il nord.


Amset ( 3 )


a testa umana; proteggeva il fegato ed era connesso con la dea Iside e con il Sud.


Kebehsenuf ( 4 )


a testa di falco; proteggeva gli intestini ed era connesso alla dea Sekhmet e con l'ovest.


Il corteo funebre

Quando tutto era stato preparato si formava il corteo che avrebbe condotto il faraone alla tomba. Arrivati qui il sacerdote eseguiva il rito dell'apertura della bocca, per mezzo del quale la mummia avrebbe ripreso vita. Tutto il corredo funebre, insieme al sarcofago e alle offerte, era dopositato nella tomba, che poi veniva sigillata affinchè nessuno potesse turbare l'eterno riposo del defunto. 

A questo punto iniziava il lungo viaggio attraverso il mondo dell'oltretomba. Anubi, lo conduceva davanti a Osiride, sovrano del regno dei morti, il quale, insieme ad altri dei, realizzava il giudizio dell'anima: il cuore del defunto veniva pesato. Se il peso delle cattive azioni era maggiore di quello di una piuma, il defunto veniva divorato da un mostro. Se, invece, egli superava questa prova, doveva attraversare un mondo sotterraneo pieno di pericoli pima di arrivare al paradiso. 


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