L'eroe, non sapendo bene dove andare, si mise in viaggio pensando di avere informazioni per la via, e infatt, trovato Nèreo addormentato sulle rive del Po, si fece dare da lui indicazioni al riguardo. Quindi si avviò in direzione sud-est, verso l'Africa e l'Asia.
In Libia incontrò il gigante Anteo, figlio di Posidone e di Gea, il quale uccideva i passanti per decorare con i loro crani il tempio di suo padre. La terra, sua madre, gli dava nuove forze ogni volta che egli la toccava con i piedi: era dunque impossibile batterlo. Ma Eracle se ne accorse e lo soffocò tenendolo sollvato da terra.
Giunse infine ai giardini nei quali le Esperidi custodivano i famosi pomi e Atlante sorreggeva la volta celeste. L'eroe pregò Atlante di andare a cogliergli i pomi, mentre lui avrebbe sostenuto il cielo. Atlante lo fece, pensando di lasciarlo per sempre al suo posto e infatti, tornato con i frutti, pregò Eracle di rimanere lì ancora qualche tempo mentre egli stesso avrebbe portato i pomi a Euristeo.
L'eroe si rese conto che il titanide non sarebbe più tornato, ma finse di accettare; gli chiese solo di riprendersi per un momento quel peso mentre lui si metteva in una posizione più comoda. Dopo di che fuggì via con i pomi, che donò ad Atena dopo acerli fatti vedere ad Euristeo.
Dodicesima fatica: La Cattura di Cerbero
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