Per gli antichi Greci Delfi, era il centro geografico del mondo: narra il mito che Zeus liberò in volo due aquile dagli opposti limiti della terra e che esse si riunirono proprio a Delfi. L’ombelico del mondo (l’omphalos) v’era rappresentato, nella fossa oracolare (adyton) del tempio, sotto forma d’una massa ogivale, coperta da una rete di lana (agrenon) e sormontata da due aquile d’oro.
Nella religione greca, Apollo è il dio oracolare per eccellenza, che spossessa in molti santuari. Il mito narra che Apollo, alla ricerca d’un luogo da dove donare all’umanità i propri vaticini per liberarla dallo smarrimento, s’appropriò d’un oracolo della dea della Terra, Gea, uccidendone il guardiano, il temibile drago Pitone. Dopodiché, prese le sembianze d’un delfino (da cui Delfi) e dirottò un’imbarcazione cretese, facendo dell’equipaggio il suo primo clero.
Vi sono altri santuari, dedicati ad altre divinità, che si specializzano nella mantica, l’arte di fornire e interpretare vaticini in risposta a questioni concernenti l’orientamento della vita d’una città o d’un individuo, tuttavia, fra l’VIII sec. a.C. e il IV sec. d.C., Delfi ha una posizione d’assoluta preminenza, confermata anche dal fatto che i templi greci profanati vi prelevano, per purificarsi, una fiammella del fuoco che v’arde perenne. Delfi svolge un ruolo fondamentale nel delineare una morale fatta di saggezza, di misura, di compassione, peculiare della civiltà greca, esaltando la purificazione e la remissione delle colpe.
Il santuario fu ripetutamente ricostruito: sei volte, stando alla testimonianza di Pausania. Il luogo è sempre stato afflitto da terremoti, verificatisi anche in tempi recenti: uno di essi, particolarmente forte, lo devastò nel 373 a.C., distruggendo il tempio d’Apollo e danneggiando tutta la parte nord-orientale del complesso. Fu in quest’occasione che scomparve il gruppo cui apparteneva il famoso Auriga, conservato nel locale museo, una delle poche statue bronzee greche che ci è giunta in originale. D’altro canto però, come vuole la leggenda, furono proprio i terremoti, nel 480 e nel 279, a tenerne lontani rispettivamente i Persiani e i Galli.
Il rituale delfico
La Pizia, sacerdotessa ispirata da Apollo a riferire il volere del padre Zeus, seduta nella concavità d’un grande tripode, risponde “in versi e in prosa”, secondo Strabone, alle domande di postulanti venuti da ogni parte della Grecia. La causa efficiente del suo potere profetico, stando alla tradizione, sarebbe lo pneuma enthusiastikon, un’esalazione che, fuoriuscita da una fessura del terreno, provocherebbe la caduta della sacerdotessa in stato di trance. Una leggenda, riferita da Pausania, vuole che il potere insito nel luogo sia stato casualmente scoperto da pastori che, inalati i vapori della fessura, avrebbero iniziato a vaticinare in nome d’Apollo. Tuttavia, stando a quanto hanno rivelato gli scavi, sotto il tempio d’Apollo non c’è e non c’è mai stata traccia d’alcuna frattura naturale, dato che il basamento poggia su uno zoccolo di scisto, attraverso il quale è assai difficile, per non dire impossibile, che filtri alcun tipo d’esalazione.
La consultazione della profetessa segue un rigido cerimoniale. Prima di discendere nel sancta sanctorum e di salire sul tripode, modestamente abbigliata, essa procede ad abluzioni rituali, indi a sobrie fumigazioni a base d’alloro e farina d’orzo. Una capra, aspersa d’acqua gelida e sacrificata, permette di trarre auspici sullo stato d’animo della Pizia e sulla sua disposizione al vaticinio.
Al rituale sovrintendono due sacerdoti a vita, eletti nelle famiglie aristocratiche di Delfi, e cinque ministri del culto detti hosioi, anch’essi designati a vita fra le famiglie discendenti dal mitico Deucalione, il Noè pagano. I due sacerdoti, assistiti dagli hosioi, ricevono i postulanti, vegliano sul rispetto del rituale e assistono la Pizia nel corso della seduta.
I postulanti, in un locale attiguo all’adyton, pronunciano ad alta voce la domanda, ridotta dai sacerdoti a una semplice alternativa: la Pizia, invisibile, articola una risposta, che spesso può limitarsi a suoni inarticolati o movimenti del corpo, interpretata dai suoi assistenti e trasmessa ai postulanti trascritta su tavolette di cera. Come riferisce Plutarco, illustre testimone diretto, la cadenza delle consultazioni, originariamente annuale (il settimo giorno di Byzios, mese sacro ad Apollo, tra febbraio e marzo), si fa inizialmente col tempo mensile (il sette d’ogni mese), per divenire in ultimo, a quanto pare, pressoché quotidiana, nei nove mesi in cui Apollo è presente.