Inno al Nilo
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a
sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.
Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.
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Dionisio
Figlio di Zeus e della mortale Semele egli era detto il “nato due volte” perché, tratto prematuro dal ventre materno, fu incubato in una coscia del padre finché non fu pronto a venire alla luce. Dio del vino e della vita naturale, insegnò ai mortali la viticoltura e la vinificazione.
Di probabile origine tracia, dal V secolo a.C. fu conosciuto anche come Bacco e godette di un culto particolare, comprendente pratiche estatiche e orgiastiche: le sue seguaci, dette menadi o baccanti, vagavano nei boschi celebrando il dio nell'ebbrezza dionisiaca, al limite della ferinità e della violenza; del suo corteggio si riteneva facessero parte anche centauri, ninfe e satiri: uno di loro, Sileno, fu precettore del dio. L'unica sede fissa in cui godeva di un culto era Delfi, dove divideva il tempio con Apollo e veniva celebrato in grandi feste cittadine. Durante le celebrazioni si svolgevano numerose competizioni teatrali, alle quali partecipavano grandi drammaturghi come Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane.
Nei suoi misteri centrale era la funzione della musica, spesso articolata su strumenti a fiato, secondo un uso che si traspose nella commedia attica, così come il ditirambo, i cori e le danze che furono adottati nella tragedia. Il culto mistico di Dioniso ricopriva un'importante funzione sociale, in quanto sublimava e simboleggiava elementi della religione che la civiltà greca aveva rimosso o superato, quali il sacrificio cruento, l'adorazione della natura, i culti fallici e i riti di iniziazione.
Il culto di Bacco, o Libero, si diffuse anche presso i romani, dove i suoi misteri furono chiamati Baccanali e divennero così sfrenati da essere proibiti dal senato nel 186 a.C.; nel I secolo d.C., tuttavia, i miti dionisiaci erano ancora popolari, come attestano le raffigurazioni visibili sui sarcofagi e le celebri pitture murali della Villa dei Misteri a Pompei.
Per sottrarlo alla gelosa vendetta di Era, Zeus lo portò lontano dalla Grecia, nel paese chiamato Nisa (da cui forse il nome Dioniso), che alcuni identificarono in Asia, altri in Etiopia. Qui Dioniso fu allevato dalle ninfe del luogo che furono successivamente ricompensate ottenendo di venire poste in cielo, tra le stelle, come Iadi. Era già adulto ed aveva già inventato il vino, quando la dea Era lo rese pazzo. In preda alla frenesia errò a lungo attraverso l’Egitto e la Siria, quindi risalì le coste dell’Asia e giunse in India dove fu accolto dalla dea Cibele che lo purificò liberandolo dalla follia e lo iniziò ai riti del suo culto.
Durante queste sue peregrinazioni Dioniso insegnò agli abitanti delle regioni che percorreva l’arte della coltivazione della vite e pose al tempo stesso le basi della vita civile. Al suo ritorno in Europa giunse in Tracia, quindi si trasferì nella natia Tebe dove affermò la sua potenza: re Penteo, che tentò di opporsi, fu duramente punito. Ad Argo, dove si recò in seguito, Dioniso manifestò la propria potenza in modo analogo facendo impazzire le figlie di re Preto e tutte le donne del paese che divorarono i propri nati.
Poi il dio volle recarsi a Nasso e salpò su di una nave di pirati Tirreni; l’infido equipaggio però prese la rotta dell’Asia con l’intenzione di vendere come schiavo l’illustre personaggio, ma tutti i marinai furono mutati in delfini. Dopo avere in tal modo gradualmente imposto il dominio del suo culto, la natura divina di Dioniso fu riconosciuta da tutti e il dio poté ascendere al cielo a prendere posto tra gli dei dell’Olimpo. Uno dei suoi primi atti come dio fu quello di rapire Arianna, abbandonata a Nasso da Teseo, che divenne sua sposa; si narra anche di un suo amore con Afrodite da cui sarebbe nato Priapo.
Poco diffuso nella Grecia omerica, il culto di Dioniso si rafforzò in epoca ellenistica, grosso modo nel periodo successivo alla spedizione di Alessandro Magno in India. A Roma assunse gli aspetti più sfrenati e orgiastici, tanto che nel 186 a.C. il Senato dovette proibire le celebrazioni dei Baccanali. Il culto fu comunque continuato dalle sette mistiche che celebravano i misteri di Dioniso.