Inno al Nilo
 
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.

Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.

 

Eos, l'Aurora

Sorella di Elios e di Selene era Eos, l'Aurora. Famose nell'antichità furono le sue dita rosate, con le quali schiudeva le cortine della notte per lasciar passare le luci del giorno.

Secondo il mito, Ares cercò un tempo di corteggiarla suscitando così la gelosia di Afrodite, la quale si vendicò condannando Eos a invaghirsi solo di creature mortali. Il suo più grande amore fu un principe troiano, Titono, fratello del famoso re Priamo, il quale fu addirittura rapito da lei e trasportato nella lontana Etiopia, dove per molto tempo i due vissero felici. Tutta presa dall'amore per il suo sposo, Eos aveva un solo desiderio, quello di renderlo immortale; e, dopo molte suppliche, ottenne da Zeus l'immortalità per il bel Titono che diveniva così eguale agli dei a dispetto di quel che aveva decretato Afrodite.


Eos, però, si era dimenticata di chiedere a Zeus, per il marito, non solo l'immortalità ma anche l'eterna giovinezza; e sembra che la causa di questa dimenticanza sia stata proprio la vendicativa Afrodite. E così avvenne che Titono fu, si, immortale ma, col passar degli anni cadde in una terribile decrepitezza, rimbambì totalmente e si trasformò in uno sciagurato vecchio che non faceva che balbettare parole senza senso.

Eos, disperata, non potè fare altro che rinchiuderlo in una stanza dalle porte di bronzo, dove, infine, il povero uomo fu trasformato in cicala. Marito ufficiale di Eos era Astreo, personificazione del cielo stellato. Loro figli erano Eosforo, detto anche Fosforo, ossia portatore di luce, personificazione del pianeta Venere quale ultima stella che brilla in cielo al mattino; e Espero, ossia lo stesso pianeta Venere considerato però come primo astro che appare la sera.

I Romani chiamarono Lucifero il primo e Vespero il secondo. Figli di Eos e di Astreo erano anche i quattro venti principali: Borea, Zefiro, Euro e Noto. 

I venti

Borea vento del nord, aveva le sue dimore, secondo il mito, sulle coste del Mar Nero, nella città di Salmidesso, in Tracia. Si diceva che avesse condotto là anche la sua sposa, un'antica principessa ateniese figlia di Eretteo, la vaga Orizia, da lui rapita.

Zefiro, nei tempi più antichi fu considerato il gagliardo vento proveniente dall'ovest, e si diceva che fosse padre dei due velocissimi cavalli, Xantos e Balios, che tiravano il cocchio dell'eroe Achille. In seguito, però, divenne il gentile alito della primavera, fu raffigurato come un bel giovinetto ed ebbe in moglie la ninfa Clori.

Su Euro, vento di sud-est, e Noto, vento del sud, non sorsero miti particolari.

Oltre a questi, però, i Greci immaginavano, sotto forma di mostri, altri venti i quali sarebbero stati figli del gigante Tifone e del mostro femminile Echidna, senza contare le Arpie, figlie di Taumante e dell'oceanina Elettra, caratteristiche divinità della tempesta.

Più tardi, il padre e signore di tutti i venti divenne Eolo, che, in origine, era re di una delle isole Eolie. Come re dei venti si insediò poi nelle Lipari.