Inno al Nilo
 
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.

Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.

 

Demetra e i misteri eleusini

Demetra e Persefone

Dea del grano e dei raccolti, figlia del titano Crono e di Rea. Quando sua figlia Persefone fu rapita da Ade, dio degli Inferi, Demetra ne fu così addolorata che trascurò le terre, sulle quali non crebbe più alcuna pianta, e la carestia si abbatté sul mondo. Zeus chiese allora ad Ade, suo fratello, di restituire Persefone alla madre. Questi acconsentì, ma prima di liberarla le fece mangiare i chicchi di una melagrana che l'avrebbero costretta a ritornare da lui quattro mesi all'anno (sei mesi in un'altra versione del mito). Felice di aver ritrovato sua figlia, in primavera Demetra faceva nascere dalla terra fiori, frutti e grano in abbondanza, ma in autunno, quando Persefone ritornava nel mondo sotterraneo, il suo dolore provocava la morte della vegetazione e apriva le porte all'inverno. Demetra e Persefone erano venerate nei riti dei misteri eleusini. Dalla Sicilia, il culto si propagò a Roma, dove alle due dee corrispondevano Cerere e Proserpina.

Al mito di  Demetra si deve l'origine dei culti misterici, ma vediamo cosa sono:

La figlia di Demetra, Core, fu oggetto dell’amore di Ade, che la chiese in sposa a Zeus.
Questi non voleva offendere il fratello maggiore con un rifiuto, ma sapeva che Demetra, la madre, non lo avrebbe mai perdonato se avesse consentito che la fanciulla venisse confinata nel Tartaro. Rispose quindi, diplomaticamente, che non poteva né negare né concedere il consenso, e Ade si sentì autorizzato a prendere con la forza ciò che voleva.

Rapimento di Persefone

Un giorno, mentre Core era intenta a cogliere fiori la terra si spalancò e dalle profondità buie del regno dei morti emerse Ade che la rapì col suo cocchio dorato, trainato da neri cavalli immortali. Con voce acuta la fanciulla invocò il padre Zeus che non la udì, o finse di non udirla, ma il suo grido impotente arrivò a Ecate e a Elio che informarono Demetra del ratto.
Fino a che rimase sotto la volta del cielo, Core non perse la speranza di riabbracciare la madre e di rivedere gli altri dèi, ma quando lo zio rapitore la trascinò con sé nelle profondità della terra si rassegnò a regnare sul regno dei morti.
Quando Demetra sentì, il grido della figlia Core, che prese nome di Persefone, strappata al mondo dei vivi dalla fiamma amorosa di Ade, volò come un uccello sopra le terre e le acque alla sua ricerca, vagando per nove giorni e nove notti con due fiaccole accese nelle mani. Non volle toccare né nettare né ambrosia, che sono il cibo degli dèi, e non sostò neppure per bagnarsi il corpo.
Adirata con l’Olimpo intero, Demetra tramutò il suo cruccio in furore quando, al decimo giorno delle sue peregrinazioni, Poseidone osò violentarla. Decise allora di non risalire più in Cielo e di abdicare alla sua funzione divina provocando così l’inaridimento generale della terra che non dava più frutti.

Zeus fu costretto a inviare Ermes nel mondo dei morti con l’incarico di riportare Persefone alla madre ma, per avere ingerito del cibo mentre era nell’Ade (un seme di melagrano datole ad arte dal marito) Persefone fu obbligata a passare un terzo dell’anno negli Inferi, rimanendo invece sulla terra con la madre il resto dell’anno.

Durante il suo viaggio alla ricerca della figlia, Demetra giunse ad Eleusi, e qui venne ospitata dal re Celeo e dalla moglie Metanira. Demetra per ringraziarli di tanta ospitalità rivelò loro i propri benefici misteri. I misteri, aperti originariamente solo alla popolazione attica, compresi le donne e gli schiavi, diverranno in seguito accessibili a tutti coloro che parlano greco e poi, a quanto pare, a tutti indistintamente, meno coloro che si siano macchiati d’omicidio.

Delle celebrazioni di questi misteri, o celebrazioni eleusine, si conoscono nel dettaglio i riti preliminari, ma non quelli segreti, riservati agli iniziati. A ciò che si sa, i riti segreti, associavano aspetti legati alla fertilità (ostensione solenne d’una spiga di grano) e alla fecondità (manipolazione di simulacri verosimilmente d’organi sessuali, evocazione della ierogamia), in quanto simboli dell’accesso alla vita eterna.

I candidati all’iniziazione dovevano partecipare, tra febbraio e marzo, ai “piccoli misteri” celebrati ad Agrai, sobborgo d’Atene. Quindi, il 13 del mese di Boedromion (settembre-ottobre) iniziavano i riti preparatori. Gli oggetti sacri, necessari al rituale, la cui natura resta sconosciuta, venivano recati da Eleusi all’Eleusinion d’Atene: il 16 i neofiti si purificavano immergendosi in mare con un porcellino che in seguito dovevano sacrificare.

Il 19 una grande processione partiva per Eleusi lungo la Via Sacra, riportando gli oggetti sacri e recando una statua lignea di Iacchus (designato da un inno omerico quale figlio di Demetra e Zeus, in cui tuttavia si preferisce vedere la personificazione d’un grido rituale), invocato fra grandi strepiti e soste con scambi di lazzi: i neofiti, reggendo faci e spighe, entravano nottetempo nel telesterion.

Il rito si componeva di parole, ostensioni ed azioni (legomena, deikumena, dromena), ma s’ignora a cosa alludessero con precisione tali termini. Si sa che, entrando nel telesterion, l’adepto diceva: “Ho digiunato, bevuto il kukeon, ho preso nella kiste (il grande paniere di Dioniso), e compiuto il mio dovere, ho riposto nel kalathos (il piccolo paniere) e poi rimesso nel grande”.

Il culmine del rito era l’allocuzione sacra pronunciata da un membro degli Eumolpidi che, alla luce di torce sorrette dai Kerikes, usciva dall’anaktoron mostrando gli oggetti rituali. Dopo due giorni, dedicati al riposo e al culto dei morti, si faceva ritorno ad Atene: i partecipanti erano legati al segreto più assoluto su ciò che avevano visto, udito e fatto. Compiute la muesis, l’iniziazione primaria, e la telete, l’iniziazione completa, l’anno seguente l’adepto poteva praticare l’epopteia, o contemplazione, reiterabile negli anni successivi.
L’iniziazione non comportava né conversione né osservanza: dopo la conclusione dei riti l’iniziato riprendeva la sua normale vita quotidiana, arricchito solo della speranza in una vita felice dopo la morte, che, come dice Cicerone, “lo fa vivere con più gioia e morire con più fiducia”.

Il peso dei culti misterici nell’antichità, rispetto alla religione olimpica e apollinea, è ben maggiore di quello che siamo soliti pensare. Il misticismo politeista, che contraddistingue la tarda religiosità pagana, attinge in buona misura alla spiritualità tipica dei culti segreti, fra i quali quelli eleusini sono i più importanti.