Il piccolo Ermes vide in distanza i begli animali e, avvicinatosi, ne adocchiò un gruppo di una cinquantina che, dietro un boschetto, fuggiva alla vigilanza del pastore divino. Allora, secondo alcuni, girò all'indietro i loro zoccoli in modo che, seguendoli, non apparisse dalle orme che si erano allontanati dal luogo; secondo altri si attenne al più semplice espediente di tirarli per la coda facendoli camminare all'indietro. Quanto a lui, per dissimulare le proprie orme, si fasciò i piedi con frasche.
In tal modo riuscì a condurre i suoi buoi sulle rive del fiume Alfeo e, dopo averli abbeverati, li mise al sicuro in una grotta. Il suo traffico, tuttavia, non era sfuggito a un contadino che lavorava in quei paraggi, ma non per questo Ermes si era perso d'animo. "Amico mio - gli aveva detto - fa conto di essere cieco e sordo e continua a occuparti dei fatti tuoi, altrimenti saranno guai". E aveva continuato a tirare per la coda i suoi buoi.
Quando tutta la mandria fu raccolta nella grotta era notte alta; ma il piccolo dio non aveva finito. Accese un bel fuoco e, dopo avere ucciso due grossi buoi, li fece a pezzi, li arrostì e ne offrì le carni agli dèi suoi colleghi per ingraziarseli. All'alba si mise ancora in viaggio, raggiunse la vetta del Cillene e tornò a infilarsi nella sua culla.
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