Inno al Nilo
 
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.

Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.

 

I seguaci di Afrodite

Attorno alla dea dell'amore, Afrodite, specialmente nell'età ellenistica, furono immaginate numerose divinità minori, tutte eleganti e gentili. Prima di tutti il giovane Eros, personificazione dell'amore stesso, che i Romani chiamarono Cupido. Eros era un giovinetto allegro, malizioso, spensierato, il cui compito era quello di suscitare nei cuori dei mortali, e anche degli dei, passioni amorose colpendoli con le sue frecce. E, talora, non si peritava di volgersi contro la sua stessa signora scoccando anche su di lei i suoi strali. Secondo l'antico mito, Eros era una divinità sorta spontaneamente all'origine dei tempi insieme a Gea, la Terra: una forza primitiva che induceva gli elementi a frammischiarsi e fondersi fra loro. Ma il piccolo dio che i Greci immaginavano al seguito di Afrodite non aveva nulla a che fare con quella solenne energia apparsa nei primordi: era invece un figlio di Afrodite stessa e di Ares, il più bello e gentile fra tutti gli dei. Solo gli Spartani, con la loro mentalità guerriera, avevano interpretato a modo loro il suo soprannome di "Invincibile", e lo immaginavano un nume ispiratore di sentimenti intrepidi e battaglieri. In epoca tarda questo dio ebbe a sua volta numerosi seguaci che non facevano che moltiplicare, in piccolo, la sua figura: gli Amorini con ali di libellula o di farfalla, che svolazzavano continuamente intorno a lui e alla sua madre e signora.
Suoi fratelli o compagni, non è ben chiaro, erano Antèros, ossia l'amore contraccambiato; Imeros, il dolce desiderio; Potos, la passione; Peito, la persuasione, e, più importante di tutti, Imeneo, dio del matrimonio, bello e gentile come Eros ma, evidentemente non altrettanto spensierato e malizioso. Imenei si chiamavano anche gli inni che venivano cantati in occasione di nozze perchè in essi veniva invocato più volte il nome del dio. Un tardo mito raccontava che Imeneo era un giovane di Argo, il quale si era travestito da donna per poter seguire la sua amata a una festa sacra. Avvenne però che, sul più bello, una torma di pirati fece irruzione portando via tutte le ragazze e, con loro, anche il giovinotto, che comunque non si perse d'animo. Attese infatti che i pirati, contenti della loro preda, si addormentassero, e allora ne fece strage.

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