Inno al Nilo
 
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.

Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.

 

La leggenda di Tristano e Isotta: seconda parte, Tristano però è rimasto anche lui ferito, e, poichè l'arma di Moroldo era avvelenata, la piaga non risana e infetta tutto il corpo


Tristano però è rimasto anche lui ferito, e, poichè l'arma di Moroldo era avvelenata, la piaga non risana e infetta tutto il corpo. Rassegnato ormai a morire, per non rattristare i suoi con una lenta agonia, si fa mettere in una barca lasciandosi trasportare dalle onde, così potrà uscir di vita nella solitudine del mare, suonando la sua arpa. La corrente porta la barca sulle rive dell'Irlanda, il suono dell'arpa fa accorrere dei pescatori che raccolgono il malato e lo portano a corte, perchè la regina e sua figlia Isotta sono espertissime nelle arti mediche; e Tristano, per le loro cure, presto guarisce. Egli non tarda però a rendersi conto di essere in terra nemica e si fa passare per un povero giullare di nome Tantris, che è l'anagramma di Tristan; poi, appena tornato in forze, abbandona di nascosto il paese e torna in Cornovaglia.

 Adesso i baroni pretendono che re Marco si sposi per avere un erede: gelosi di Tristano, non vogliono che egli lasci a lui il regno. E Marco non si rifiuta, ma afferma che sposerà solo la fanciulla cui appartiene il capello d'oro che una rondine gli ha lasciato cadere ai piedi. Tristano, nel vedere quel capello, capisce che esso non può appartenere ad altri che alla bionda Isotta, e annuncia che troverà la fanciulla.

Con alcuni cavalieri travestiti da mercanti egli naviga dunque verso l'Irlanda. Il paese è infestato da un terribile drago che nessun cavaliere è riuscito a uccidere, e il re del luogo ha promesso la mano di sua figlia Isotta a chi lo libererà da quel flagello. Tristano tenta la prova e riesce; ucciso il drago gli taglia la lingua e se la mette in tasca come prova dell'impresa compiuta.

Quella lingua avvelenata gli instilla però nel sangue il suo veleno, e il giovane cade tramortito accanto alla sua vittima; là lo trova il siniscalco del re, lo crede morto, e, poichè ama Isotta, taglia la testa al drago e la porta a corte per farsi credere il suo uccisore.

Isotta, che lo disprezza per la sua notoria falsità, non gli crede e, recatasi sul luogo, vede Tristano svenuto con la lingua del drago in tasca, e comprende l'inganno. Fa allora trasportare a corte il ferito e ancora una volta lo salva.

Frattanto ha riconosciuto in lui il giullare Tantris, che già era stato affidato alle sue cure, non solo, ma nel forbire la sua spada si accorge della scheggia mancante e scopre che il frammento di acciaio da lei conservato si adatta perfettamente alla lama. Così ha la certezza di avere dinanzi a sè l'uccisore di suo zio e vorrebbe ucciderlo.

Tristano non si ribella, vuole però che ella sappia che Moroldo non è stato ucciso a tradimento, ma in un leale duello. D'altra parte, se lo uccide, dovrà sposare il siniscalco; egli invece le offre ben altre nozze: quelle con re Marco di Cornovaglia. E Isotta lascia cadere il furore. Il siniscalco viene svergognato e Isotta segue Tristano in Cornovaglia per andare sposa al re.

Al momento della partenza, la regina affida un filtro magico a Brangania, la fida ancella di Isotta; ella dovrà farlo bere alla fanciulla e al suo sposo perchè l'uomo e la donna che lo berranno saranno uniti da eterno amore. Ma durante la traversata, Tristano e Isotta bevono, senza saperlo quel filtro; e dal quel momento nasce fra loro un affetto che nulla potrà mai infrangere.


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Continua...La leggenda di Tristano e Isotta: terza parte