Inno al Nilo
 
Lode a te, o Nilo, che esci dalla terra e giungi a sostentare l’Egitto: di natura misteriosa, tenebra di giorno.

Tu che irrighi le campagne; tu che Ra ha creato per sostentare tutto il bestiame. Tu che bagni il deserto, che è lontano dall’acqua; la sua rugiada è acqua che cade dal cielo.

 

La leggenda di Lancillotto del Lago: la giovinezza



E' questa la leggenda fondamentale del ciclo di Artù. Essa fu narrata in vari poemi che ne svolsero ognuno alcuni episodi, e riepilogata poi in grande romanzo di ignoto autore, il Lancillotto, di cui si ebbero traduzioni parziali e riduzioni anche in italiano.

In Bretagna regnava il re Ban di Benoico, amico di Artù, il quale in tarda età, ebbe un figlio che fu chiamato Lancillotto. Questo bambino aveva solo pochi mesi quando un vicino di Ban, Claudas, re della Terra Deserta, marciò contro di lui e assediò il suo castello. Invano il re Ban chiese aiuti ad Artù, che in quel tempo era impegnato a lottare contro i Sassoni invasori; infine, affidata la difesa del castello al suo siniscalco, decise di fuggire con la moglie e il figlioletto per rifugiarsi presso Artù e ottenere il suo appoggio. Però appena egli fu partito, il malvagio siniscalco consegnò il castello al nemico che lo diede alle fiamme. Dall'alto di una collina, Ban vide l'incendio del suo castello e morì di dolore; e la sua sposa rimase sola nella campagna con un bambino di pochi mesi.

Una nuova disgrazia tuttavia le si preparava: mentre si lamentava sul corpo del marito, una misteriosa dama prese il bambino abbandonato sull'erba presso le rive di un lago e, dopo averlo accarezzato un poco, fuggì con lui saltando nelle acque e scomparendovi. La sciagurata madre si chiuse in un convento con il suo dolore.

La misteriosa dama che aveva rapito il piccolo Lancillotto era quella stessa Viviana che aveva imprigionato Merlino: nella leggenda è chiamata Dama del Lago perchè il lago in cui era scomparsa era stato creato da lei, creato magicamente come una semplice apparenza per nascondere il bellissimo castello che in relatà sorgeva in quel luogo.

Là il piccolo Lancillotto crebbe e fu educato con grande cura. Quando ebbe compiuto i diciotto anni, la Dama del Lago lo avvertì che aveva ormai l'età di farsi onore con ardite imprese. Ella aveva già pronte da tempo tutte le armi necessarie al fanciullo: un giaco bianco, leggero e forte, un elmo argentato e uno scudo color della neve a borchie d’argento. La spada tagliente e leggera, la lancia corta, grossa e robusta, il destriero alto, forte e vivace, il suo abito, un mantello foderato d’ermellino, tutto era bianco e anche la scorta, abbigliata di bianco, montata su cavalli bianchi.

Così equipaggiati, Lancillotto e la Dama del Lago, accompagnati da Lionello, Bohor e Lambegue, si misero in cammino… era il martedì che precedeva la festa di San Giovanni. Arrivati che furono a Camelot, la Dama del Lago e Lancillotto si presentarono a re Artù. La Dama pregò Artù che acconsentisse a prendere, tra i cavalieri della Tavola Rotonda, Lancillotto, e Artù colpito dalla presenza del giovane, non esitò a riservargli un posto. Alla Dama non restò, altro da fare, che tornare indietro alla sua dimora. Con le lacrime agli occhi salutò il giovane facendosi promettere di non rivelare il suo nome ad alcuno.

A corte Lancillotto conobbe i migliori cavalier di Artù, ma quando vide la regina Ginevra, dimenticò tutto per restare estatico, in contemplazione di quel viso bellissimo, ed ebbe la certezza che non avrebbe mai potuto amare altri che lei.

Armato cavaliere, Lancillotto si diede subito a pericolose imprese per essere degno della regina amata e farsi notare da lei. Era forte e abilissimo nell'esercizio delle armi, e nessuno poteva resistergli. Abbattè così il forte campione che il re di Northumberland aveva mandato a sfidare la Dama di Noalto, feudataria di Artù; entrò nella Dolorosa Guardia, un castello incantato dove erano tenuti prigionieri dame e cavalieri, e ne spezzò gli incanti mettendo in libertà tutti i prigionieri; liberò lo stesso Galvano, catturato a tradimento dal padrone del castello.

Tuttavia il giovane cavaliere evitava di trovarsi al cospetto della regina amata peerchè, dinanzi a lei, sentiva tremarsi le ginocchia e rimaneva incapace di fare un gesto o di dir parola.



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